I miti greci mi hanno sempre affascinata, sin da quando ero bambina: ho cominciato guardando Pollon in tv e ho continuato leggendo libri appositi, fino ad arrivare allo studio vero e proprio della materia durante gli anni del Liceo. Ovviamente in “epica” andavo fortissima, che ve lo dico a fare. E questo pomeriggio, mentre boccheggiavo davanti allo schermo del pc e decidevo l’argomento col quale deliziarvi, mi è sovvenuto il ricordo del monte Olimpo, di Zeus e di quei gran bastardi passati alla storia per aver scaricato alla velocità della luce le loro compagne.
Enea, per esempio.
Carissimo, è giunta l’ora che qualcuno te ne dica quattro, o anche otto. Facciamo dodici, e non se ne parla più.
Ma prima, un veloce ripasso sulla storia di una delle tante donne abbandonate nel mito! Vediamo cos’è successo.
Enea e Didone
Credo che un po’ tutti conosciamo la triste vicenda di Enea, eroe troiano nonché semidio, scampato all’incendio della città grazie all’aiuto della dea Afrodite (Venere), sua madre. Alla fuga segue una lunga serie di peripezie che lo portano ad arrivare fino in Africa, e più precisamente a Cartagine. Qui regna la bellissima e raffinatissima Didone, vedova di Sicheo; la ragazza ha fascino da vendere ma continua a dare merda a tutti i pretendenti che la corteggiano senza sosta: la versione africana di Penelope, ma senza la tela (per fortuna).
In questo desolante scenario approda quel gran figo di Enea, e Didone ci rimane secca fin dal primo sguardo:
…Stupefatta rimase Didone Sidonia, anzitutto a vederlo,
poi della sorte mirabile dell’eroe…
Insomma, la Dido apprezza prima l’aspetto fisico, poi si fa impietosire dal racconto delle disavventure dell’uomo, che la stende con il resoconto di 7 anni di disgrazie trascorsi in mezzo al mare. Didone, invece di addormentarsi, si sorbisce questo tragico polpettone e si scopre…
…innamorata.
La domanda è: perché???
Va beh, noi donne siamo polle: più uno è devastato e più ci sciogliamo. Siamo fatte così.
Comunque, dicevamo. Nasce l’amore, e la passione divampa nel bel mezzo di una battuta di caccia alla quale partecipano sia la regina fenicia sia l'”eroe” troiano. Scoppia un temporale e no, non sto scherzando: sembra la scena di una scadente soap opera invece è il IV libro dell’Eneide, opera di un certo Virgilio. I due piccioncini cercano riparo e, toh guarda, inciampano in una caverna! Vi lascio immaginare il seguito. Anzi no, ve lo svelo, ma con le parole del sommo poeta latino:
…Didone e Enea riparano in una stessa grotta.
Per prima la Terra e Giunone pronuba danno il segnale:
rifulsero lampi nell’aria a festeggiare l’unione,
e sulle cime dei monti ulularono le Ninfe…
Cioè. WOW. A quanto sembra ad ululare non furono solo le Ninfe! I troiani ci sapevano fare (vedi Elena e Paride).
La neo-coppia è stra-felice e passa il tempo a sollazzarsi e a bruciare di passione. Finché il dio Zeus, sollecitato dalla mamma di Enea, non manda Mercurio a dare una strapazzata al giovanotto e a dirgli che si è svagato abbastanza: ora può andare in Italia, perché ci sarebbe una città da fondare, una cosetta da nulla, insomma.
E quello stronzo di Enea che fa?
Ve lo dico io! Invece di rifiutare con sdegno o di prostrarsi ai piedi dell’amata spiegandole che non vorrebbe ma che deve seguire il suo destino, o Zeus lo fulminerà, cerca di svignarsela alla chetichella.
Caro Enea, NON-SI-FA-COSì! Non te lo ha insegnato Afrodite come ci si comporta con le ragazze innamorate?
Didone è cotta, ma non cretina, quindi si accorge che il bastardo sta preparando la fuga. Invece di pestarlo a sangue e mandarlo a cagare lo supplica di rimanere al suo fianco, ma lui è irremovibile, e sentite cosa ha il coraggio di dire alla poveretta:
…Ma ascolta. Io non sperai di nasconderti
questa fuga, credilo pure, e del resto mai
ti tenni discorsi di nozze o pensai di sposarti…
Comecomecome?
Beh, ragazze, ora sappiamo chi ringraziare per la scusa del secolo che recita:
“D’altronde io non ti ho mai promesso niente”
A quanto pare anche nell’antichità andava di moda cascare dalle nuvole. Tutta colpa di quel gran bastardo di Enea!
E non finisce qui!
Il discorso di commiato di Enea a Didone è un capolavoro di maschilismo vecchia maniera. Infatti, dopo aver elegantemente sottolineato il fatto di non averla mai chiesta in sposa, quel pezzo di maleducato prosegue in questo modo:
…proprio adesso Mercurio, messaggero dei Numi,
mandato da Giove (lo giuro per le nostre due vite)
m’ha portato per l’aria rapida questo comando:
– Naviga! – …. Dunque cessa
di infuocare me e te con questi lamenti,
io non vado in Italia di mia volontà…
Mmmmmmmmmmmmmm. Vediamo di parafrasare un po’.
Dido, guarda che è venuto Mercurio in persona a dirmi di partire, quindi io non c’entro niente!!!! Per cui evita di scaldarti tanto e fatti una camomilla. Non è colpa mia se devo andarmene. E smettila di piangere!!!
E qui, finalmente e GIUSTAMENTE, Didone apre gli occhi e si accorge di avere davanti un verme. Infatti:
…Mentre diceva così lei lo fissava bieca
già da un poco, volgendo gli occhi qua e là, misurandolo
tutto con taciti sguardi; alfine furente
prorompe: ….
…Ma non voglio ribattere
le tue parole, non voglio neppure trattenerti.
Parti, va’ via col vento in Italia, cerca il tuo regno
attraverso le onde. Io spero soltanto,
se i pietosi Celesti hanno qualche potere,
che me ne pagherai il fio tra gli scogli, chiamando
spesso a nome Didone….
E brava la Dido! Ce n’è voluto, ma alla fine ti sei decisa a mandarlo a quel paese. Parafrasiamo anche qua:
Senti un po’, deficiente, non ho tempo da perdere per continuare questa conversazione. Parti, vai dove cazzo ti pare e, soprattutto, CREPA!
E fin qui, cara Didone, ci siamo, e alla grande!
Perché allora, dopo questo exploit da manuale, hai dato fuoco a tutta la roba di Enea e ti sei buttata in mezzo al rogo?
Davvero meritava tanto quell’inetto, quel poco di buono, quel gran bastardo senza gloria?
No comment.
Non solo! Il maledetto poi è arrivato in Italia sano e salvo, ha fondato la sua città di merda e si è pure risposato! Alla faccia di Didone e di tutta Cartagine.
Morale della favola:
Pensavo fosse amore invece era Enea.
Potessi tornare indietro nel tempo, costringerei Virgilio a fare qualche modifica al suo poema. Sono sicura che Alberto Angela sarebbe d’accordo con me.
E questa è solo una delle tante storie di donne abbandonate nel mito. Nei prossimi giorni ne arriveranno altre…stay tuned!
E attente agli Enea di turno: ce ne sono parecchi in circolazione…
Ce lo manderei a quel paese (che doveva fondare) pure io, ché di Enea ne ho incontrati a mandrie. Il segreto sta nel non buttarsi da nessuna parte e andare oltre con passo fiero. Ci vuole un po’ di allenamento, ma ce la si fa.
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