L’alimentazione da studenti universitari ovvero pasta, pasta e pasta. E qualche volta tonno.

Già in passato ho trattato il tema in questione, ovvero la vita da studenti universitari e le sue caratteristiche principali (se non avete idea di cosa parlo, leggete qui). Oggi però vorrei focalizzarmi su un aspetto piuttosto drammatico della, chiamiamola student-life, ovvero l’impatto con un mondo misterioso e sconosciuto alla maggior parte degli studenti fuori sede:

Il mondo della cucina.

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Ovviamente questo discorso non sarà valido per gli appassionati e i maghi dei fornelli, e per chi durante gli anni precedenti l’università ho osservato e appreso facilmente i segreti culinari in famiglia.

Premessa: mia madre è molto brava in cucina, e tra l’altro fa dei dolci straordinari. Ogni tanto, quando ero piccola, mi capitava di aiutarla, ma erano molte di più le volte in cui mi limitavo a osservarla senza la minima curiosità di capire che tipo di ingredienti usasse, come riuscisse a impastare così bene, se nel sugo al pomodoro si dovesse mettere l’aglio o la cipolla (ebbene, ancora adesso non ne ho la più pallida idea. E comunque odio il sugo).

Già allora l’approssimazione si faceva sentire, insomma.

Ergo, quando alla sfavillante età di 19 anni ho lasciato il mio paesello per raggiungere la città e intraprendere il cammino universitario, mi sono ritrovata a fare i conti con me stessa e i miei innumerevoli limiti. In particolare ho dovuto affrontare il problema seguente: cosa-mangiare-a-pranzo-e-cosa-mangiare-a-cena. Come ho detto prima, mia madre era ed è una bravissima cuoca, ma mettere d’accordo gli stomaci di 4 figli non era una cosetta da nulla, tanto più che io e mia sorella eravamo acerrime nemiche del formaggio e di mille altri alimenti=a casa si poteva mangiare solo pasta al sugo, pasta al tonno, pasta aglio e olio, insalata mista, fettine di manzo e pollo impanato  fritto.

Tuttavia ogni pasto era super bilanciato: a pranzo sempre un primo, più un secondo e il contorno di verdure, infine la frutta. A cena proteine, quindi carne e a volte i bastoncini Findus (sempre perché io e mia sorella schifavamo il pesce fresco, per qualche misterioso motivo), seguiti da insalata o legumi. E frutta, ovviamente.

Un regime privo di quegli alimenti che vanno tanto per la maggiore negli ultimi tempi: quinoa, zenzero, curcuma (se provate a nominare a mio padre la quinoa probabilmente penserà che intendete il kiwi ma non lo sapete pronunciare), lemongrass, acai, semi e semini vari, eccetera eccetera. Tuttavia credo, anzi sono sicura,  di non aver mai mangiato sano come negli anni in cui ho abitato insieme ai miei genitori.

Va beh, c’era sempre un barattolo di Nutella in dispensa, ma che mondo sarebbe senza Nutella?

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Ehm, scusate, non ho potuto resistere, dovevo scriverlo.

Come al solito ho divagato un po’ troppo.

Torniamo a noi.

La mia carriera da universitaria si è svolta all’interno di due diversi ambiti:

  • le case dello studente
  • gli appartamenti condivisi

In ognuno di questi ambiti ho avuto a che fare con personaggi di ogni tipo: dai casi umani ai veri e propri soggetti psicolabili, ma per fortuna ho anche incontrato persone meravigliose, alcune delle quali sento ancora con piacere, anche se le nostre strade si sono irrimediabilmente separate.

In particolare ricordo gli esperimenti culinari con quella che per due anni è stata la mia compagna di stanza in una delle case dello studente in cui ho abitato: Virna. Con lei ho sperimentato ogni tipo di pasta e ogni tipo di condimento, tutti fuorché il sugo e l’aglio e olio: troppo banali.

All’epoca andava fortissimo la panna. Pasta panna e. 

Pasta panna e zucchine, pasta panna e salmone, pasta panna e funghi. Col tempo abbiamo acquisito un po’ più di sicurezza e ci siamo sbizzarrite: pasta panna uova e salame, pasta panna e pancetta, pasta panna e spezie miste fino ad arrivare alla produzione di una roba che dire pesante sarebbe veramente riduttivo.

Era successo questo, se non ricordo male (Virna, correggimi se sbaglio): ci era avanzata una spinacina dal giorno precedente -anche di spinacine ne ingurgitavo a quintali in quel glorioso periodo-; poi la nostra dispensa offriva pasta (ovviamente), uova, la onnipresente panna e ullalà, un barattolo di fagioli.

Invention test: la pasta con tutto

Decidiamo di fare la pasta con tutti questi ingredienti. Quindi abbiamo buttato le mezze penne sul fuoco, dopodiché cipolla a soffriggere, panna, fagioli, spinacina tagliata a tocchetti e dulcis in fundo l’uovo, per amalgamare il tutto.

Non ho capito com’è che siamo sopravvissute a questo mappazzone. Roba che se lo mangio adesso devo fare due settimane di riso in bianco e tisane al finocchio per riprendermi.

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E ci era pure piaciuto!

Fortunatamente ogni tanto variavamo, sempre stando attente alla ehm, linea. Quindi via libera a tutto ciò che era fritto, ovvero:

  • spinacine
  • bastoncini di pesce del Discount
  • improbabili frittate con dentro qualsiasi cosa

Va precisato che cucinare in una casa dello studente o in un appartamento condiviso a volte è davvero un’impresa. Magicamente all’una tutti gli inquilini si precipitano in cucina e parte la gara per aggiudicarsi il fornello più grande, quello dove l’acqua per la pasta bolle prima. Perché chiaramente in ogni piano cottura che si rispetti c’è sempre il fornello veloce, poi quello medio dove in genere metti la caffettiera la mattina, quell’altro medio che non funziona mai e quello piccolo che usi solo in casi disperatissimi.

Immaginate ora una cucina minuscola assediata da cinque o sei persone affamate che devono pranzare in fretta perché poi hanno lezione alle 14 (sì, le lezioni venivano tenute sempre ad orari indecenti). Immaginate la sfiga di voler mangiare pasta con la panna e qualcosa, arrivare tardi e doverti accontentare del fornello più piccolo. Cioè, mettevi l’acqua a bollire alle 13 e alle 15.30 stavi guardando Uomini e Donne e ancora non avevi mangiato.

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Tutto si può dire della alimentazione da studenti universitari, ma non certo che fosse quel che si definisce “sana”. Almeno, la mia non lo era di sicuro. Ma anche quella di parecchi dei miei coinquilini e colleghi. Erano passati i tempi d’oro in cui mangiavo primo, secondo, contorno, frutta e fettona di crostata preparata in casa. Il piatto unico era diventata una costante, quindi doveva essere il più sostanzioso possibile. E direi che insomma, i mappazzoni miei e di Virna avrebbero messo k.o una squadra di calcio, da quanto erano “sostanziosi”.

Va da sé che la silhouette non fosse proprio da urlo (oddio, non lo è mai stata più di tanto, ma ho avuto momenti decisamente migliori), e con tutta quella panna, quei fritti e soffritti di cipolla vi sfido a mantenere una taglia 40. Comunque quando volevo tenermi leggera cenavo col caffellatte. E qualche biscotto (tipo 15/20 macine del Mulino Bianco, Banderas ha ragione: sono nate per essere inzuppate, lo confermo).

Meno male che esisteva il tonno in scatola e le polpette che mi mandava mia madre. Mi hanno letteralmente salvata dal collasso alimentare, insieme ad una dieta dimagrante che, una volta sfiorati i 65 chili per 160 cm di “altezza” decisi di intraprendere, non senza fatica; beh, dopo due anni di fritto unto untissimo e carboidrati carboidratissimi ri-abituarsi alle bacinelle di verdure condite con due cucchiaini di olio scarso e a 50 grammi di pasta (che per la cronaca equivalgono a 18 maccheroni. Visualizzate 18 maccheroni su un piatto e fate un minuto di silenzio) non è stato facile, ve lo assicuro.

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Ebbene, con questo tuffo nel passato vi abbandono. Se vi va, raccontatemi nei commenti com’era la vostra alimentazione da studenti universitari e quali sono i mappazzoni peggiori che siete riuscite a ideare!

Nel frattempo preparo la valigia: domani parto a Milano con le mie amiche e al ritorno scriverò un post su questo week-end che a quanto pare sarà piovoso.

Ma noi porteremo l’ombrello. Sempre che mi ricordi di metterlo in valigia.

Taaaac! A presto!

P.S.: nel blog di Roberta Salvastudente non ci sono ricette ma in compenso troverete dritte e consigli utilissimi per districarvi tra i meandri burocratici del mondo universitario, soprattutto se siete iscritti in giurisprudenza!

 

6 pensieri su “L’alimentazione da studenti universitari ovvero pasta, pasta e pasta. E qualche volta tonno.

  1. Io non so se sono stata particolarmente fortunata, ma quando sono andata a studiare a Bologna avevo un gruppo di amici tutti cuochi provetti, facevamo dei pranzi/cene incredibili che altro che studenti fuori sede. E la cosa divertente è che, amici a parte, a casa mia (eravamo in tre) mangiavamo sempre sano e bene. Se ci ripenso alle mangiate che facevamo allora mi viene il magone, adesso di tempo per cucinare così non ne ho più (non tutti i giorni almeno).

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  2. Ragazza fortunata! Io comunque anche adesso non mangio molto sano, con l’ aggravante che non mi piace particolarmente la carne e nemmeno le verdure mi fanno impazzire, a meno che non siano fritte. Quindi carboidrati a gogo. La Nutella invece evito di comprarla, il mio metabolismo non reggerebbe!

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  3. Io ho fatto pranzi luculliano alla mensa, vino compreso, immagina il rientro a lezione delle 14…

    Pic nic al parco dove poi studiavamo…

    Pranzi con brioche ripiene di gelato in primavera…

    Insomma non mi sono mai potuta lamentare, ma mi mancano le macine, da quando le ho abolite dalla “dieta” ho perso sei chili 😊

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  4. Anche la mia dieta consisteva in spinacine, pasta al tonno e ancora spinacine. Per fortuna poi sono andata a vivere in un appartamento con dei coinquilini che sapevano cucinare molto bene e che hanno avuto pietà di me cominciando a far mangiare anche a me piatti decenti! 🙂

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