Cronaca di un casino annunciato, ovvero la storia di Elena e Paride

Ormai siamo agli sgoccioli: tra due giorni è Natale e il mio regalo per voi è un’altra storia di amore approssimativo, ovvero quella fra Elena e Paride.

In realtà ero indecisa se intitolare questo post “Tutta colpa di una mela” o anche “Meglio non tradire tuo marito, soprattutto se è il re di Sparta”. Poi ho deciso di ispirarmi ad uno dei miei scrittori preferiti, il mitico Gabriel Garcia Marquez, e in particolare ad uno dei suoi tanti capolavori: Cronaca di una morte annunciata.

Ed ecco quindi, ladies and gentlemen, in esclusiva per la prima volta sul web:

Cronaca di un casino annunciato ovvero la storia di Elena e Paride

Intanto, una piccolissima premessa per ricordare chi sono e da dove vengono i protagonisti della vicenda. Paride è il secondo figlio di Priamo ed Ecuba, sovrani della arcinota e sfigatissima città di Troia. Va precisato che il ragazzo non nasce esattamente sotto i migliori auspici, dato che la madre, prima di darlo alla luce, sogna di partorire un tizzone ardente che brucia tutta Troia.

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Beh, incoraggiante.

Un altro dei figli di Priamo, Esaco, che era una specie di veggente, predice che Paride è destinato a incenerire la città. Sorvoliamo sulle doti paranormali di Esaco: cioè, tua madre sogna di partorire un tizzone ardente che brucia Troia, non ci vuole certo la scienza di Freud per tirare fuori l’interpretazione secondo la quale il nascituro non diventerà quel che si dice il paladino dei pompieri.

Comunque.

Priamo ordina che il piccolo Paride, appena nato, venga scaricato sul monte Ida dal pastore Agelao, con la speranza che crepi e la predizione infuocata non si avveri. Si chiamano Omicidi Alternativi, e nella Grecia antica come anche nelle regioni limitrofe andavano parecchio di moda. Tipo a Sparta i bimbi nati deformi o malati venivano lanciati dal monte Taigeto, ad Atene ugualmente abbandonati.

Fortunatamente pare che si tratti solo di leggende non supportate da ritrovamenti archeologici…e tuttavia mi vien da dire: simpatici questi Greci. Vero?

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Va beh, procediamo. Spostiamoci ora sul monte Olimpo, dove si sta svolgendo un party organizzato dal padre degli dei, Zeus (ma non vi devo spiegare niente, tanto tutti quanti abbiamo visto Pollon, giusto?), per festeggiare il matrimonio di Peleo e Teti, futuri genitori del grande guerriero Achille (per chi non lo ricordasse, Brad Pitt unto e bisunto nel film Troy).

E qui succede un bordello. Zeus infatti, da gran genio qual è, si è dimenticato di invitare alla festa Eris=la dea della Discordia che, come si può facilmente intuire dal nome, non la prende tanto bene. Quindi si presenta in mezzo agli invitati e butta lì, a caso, un pomo d’oro e in confidenza ragazze, dopo 5 anni di Liceo Classico e sei di Lettere Classiche all’università, non ho ancora capito se trattavasi di una mela, un pomodoro o una boccia dorata. Fatto sta che su questa palla campeggia la seguente scritta:

“Alla più bella”

Le dee Era, Afrodite e Atena, che a ‘sto punto credo avessero la maturità di un bambino di 4 anni e mezzo, cominciano a litigare per accaparrarsi la boccia. Non riuscendo a mettersi d’accordo, chiedono l’intervento di Zeus il quale, preso dall’ansia, decide ponzio-pilatescamente di lavarsene le mani, passando il testimone al giovane Paride.

Quest’ultimo era sopravvissuto a morte certa dopo essere stato allattato da un’orsa (ok, non provateci a casa) e, ignaro del fatto di essere figlio di un re, viveva sul monte Ida insieme alle pecore del suo gregge. Qui arrivano le tre dee, che cercano di convincerlo a scegliere la destinataria della boccia proponendo ognuna dei doni ben precisi. Nulla di che, cosette come ricchezza stratosferica, potere su tutta la galassia e l’amore della donna più bella del mondo: Elena di Sparta.

Paride, da gran romanticone qual è, sceglie Elena.

Paride, ma che cazz…? Nemmeno la conoscevi! Ah, gli uomini, valli a capire. Fanno tanto gli splendidi poi gli dici donna-più-bella-del-mondo e non capiscono più niente.

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Il pomo viene dunque assegnato ad Afrodite, mentre Atena ed Era giurano nei confronti di Paride vendetta tremenda vendetta. Un tantino rancorosi, questi dei.

Il ragazzo in seguito partecipa a dei giochi funebri, durante i quali viene riconosciuto dai genitori, Priamo ed Ecuba, indi riammesso a corte come legittimo principe. Non pago di ciò, e memore dell’accordo con Afrodite, naviga verso Sparta e viene accolto dal re della città, Menelao, e dalla sua moglie strafiga, Elena. La donna si innamora del baldo giovane, e i due fuggono alla chetichella non appena Menelao parte per alcune reali commissioni a Creta. Insieme ad Elena, Paride reputa intelligente portar via anche qualche ninnolo, tipo un intero forziere facente parte del tesoro del re tradito.

Che lungimiranza!

Decisamente questa è la cronaca di un casino annunciato: vai in una città nota per lo scarso senso dell’umorismo (ne è la prova il film Trecento: quello dove Gerard Butler ha gli addominali con un chiaro-scuro alla Caravaggio), seduci la moglie del re, la porti via con te e dato che ci sei prendi anche parte del tesoro reale, pur non avendone bisogno dato che sei un principe.

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Paride, anche meno.

Menelao, giustamente e ovviamente, non è felice di tornare a Sparta e ritrovarsi senza consorte e pure al verde. Subito convoca il fratello Agamennone, re di Micene, e insieme così discutono:

“Agamè, mi sono distratto un attimo. Quello sfigato mi ha rapito la moglie.”

“Menelà, lo sfigato sei tu. Guarda che non l’ha mica narcotizzata.”

“E ‘sti cazzi, comunque ormai è successo. Che si fa? Guerra?”

“Ok, dai. Lo dico a Ulisse e agli altri.”

E guerra fu, per la bellezza di dieci, ripeto, dieci anni. Una guerra nel corso della quale tutti si fanno il mazzo, da Ulisse ad Achille, da Aiace ad Ettore. Paride invece si passa di brutto, e quando si ritrova costretto ad un duello proprio contro Menelao, soccombe in trenta secondi. Prontamente interviene Afrodite e lo salva, avvolgendolo in una nuvola magica che annebbia il nemico.

Va beh. Così li so fare anche io i duelli.

La fine della storia è più o meno conosciuta da tutti. Grazie allo stratagemma del cavallo, ideato da Ulisse (e in realtà non era un cavallo, leggete qui), i Greci penetrano le mura della città e le danno fuoco. In piena battaglia Paride, guidato dal dio Apollo (una vita da accozzato, veramente), scaglia una freccia in direzione del punto debole di Achille, ovvero il tallone, uccidendolo sul colpo. Poi però muore anche lui per mano del guerriero Filottete.

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Al termine della cronaca di questo casino annunciato, non voglio dimenticare la protagonista femminile della storia, ovvero Elena. Paride è morto e Troia brucia: come dire, bene ma non benissimo. Le versioni su quello che succede dopo sono diverse. Secondo Omero e l’Iliade la donna torna dal marito con la coda tra le gambe, secondo altre fonti non era mai arrivata a Troia, poiché la dea Era aveva creato una sorta di fantasma con la quale Paride si era sollazzato per anni, credendo si trattasse della vera Elena.

Un minuto di risate mentre immaginiamo le notti selvagge di Paride e dell’ologramma di Elena.

E qui concludo. La figura di Elena per molto tempo è stata oggetto di dibattito, anche e soprattutto nella letteratura antica. Omero e Saffo tendono a “giustificarla”, sostenendo che fosse stata abbagliata da Afrodite, Erodoto la condanna.

Probabilmente è tutto molto più semplice di quanto sembri: la pesantezza di Menelao era pari solo al fascino di Paride. Qualunque donna avrebbe fatto lo stesso, e quindi Elena, rilassati, non sei stata la prima né sarai l’ultima, e in fondo hai seguito la via dell’Amore, su questo concordo con Saffo…e quando ti ricapita poi una passione del genere?

Questo è il mio giudizio approssimativo. Se vi va, scrivete nei commenti il vostro pensiero su questa storia d’amore, di guerra e di bocce.

Nel frattempo colgo l’occasione per mandarvi i miei più sentiti auguri di un Natale approssimativo e pieno di carboidrati: il mio lo sarà senz’altro!

Merry Christmas, ho-ho-ho (cit. Babbo Natale).

2 pensieri su “Cronaca di un casino annunciato, ovvero la storia di Elena e Paride

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