Quello dei camerieri (e in generale ogni occupazione relativa al mondo della ristorazione), è un lavoro che tribola. Nel senso che provoca moltissime tribolazioni.
Non fraintendete: lo faccio da anni, mi ha permesso di pagarmi affitti, bollette, vestiti, viaggi eccetera eccetera, e ovviamente ogni lavoro è dignitosissimo: però è anche una professione incredibilmente faticosa, sia a livello fisico sia a livello psicologico.
A livello fisico perché chiaramente bisogna stare in piedi per diverse ore di seguito, scarpinare tra un tavolo e l’altro, portare vassoi pieni di roba spesso pesante, magari senza perdere l’equilibrio e rovesciare la spremuta d’arancia sulla borsetta Chanel della Crudelia Demon di turno. Oltre ai vassoi può capitare di dover anche trasportare piatti carichi di pietanze fumanti, facendo attenzione a non bruciarsi le dita e, anche in questo caso, cercando di non trasferire l’impepata di cozze direttamente dal piatto alle tette incartapecorite di Crudelia e fare un’impepata di tette…che poi la scarpetta non è proprio il massimo.
A livello psicologico, quello dei camerieri è ugualmente un lavoraccio e anzi, forse ci si stanca più psicologicamente che fisicamente.
Motivo?
I colleghi particolarmente stronzi?
No.
I titolari particolarmente stronzi?
Nemmeno.
I clienti.
Ovvio, non tutti, ci mancherebbe, ma ormai in più di dieci anni di onorata carriera nel settore ho imparato che esistono alcune tipologie di clienti dalle quali è necessario difendersi a colpi di impassibilità e sangue freddo.
Soprattutto ho imparato che i clienti non capiscono. A volte non capiscono la differenza tra un brasato e una bistecca al sangue. A volte non capiscono che mangiare un intero piatto di spaghetti con le arselle e lucidarlo facendo la scarpetta col pane per poi lamentarsi che no, in effetti non era poi tanto buono, e in fondo le arselle avevano quel retrogusto amarognolo, cortesemente riferisca allo chef, non rende giustizia al concetto di coerenza. Altre volte non capiscono semplicemente perché ignorano i vari teoremi insiti nel mondo della ristorazione.
Tipo il-teorema-del-cappuccino: se lo ordini bollente e inizi a berlo dopo averlo fotografato, postato su Instagram e Facebook, contato i like ricevuti e risposto ad eventuali commenti random tipo “Beautiful gallery” che inevitabilmente capitano anche sotto lo scatto più merdoso, beh, il cappuccino diventa tiepido.
E tu non puoi rompere i coglioni al cameriere ordinandone un altro e precisando che lo avevi chiesto IN-CAN-DE-SCEN-TE. Non puoi e basta.
Comunque.
Esaminiamo qualche altra tipologia clientelare dalla quale è meglio guardarsi e le strategie per salvarsi e non perdere il posto.
Quelli che non salutano
Sembra una cosa logica, ma quando le persone (ALCUNE persone) entrano in un bar/ristorante, non sempre salutano. Esistono strani esseri viventi-poco-pensanti che varcano l’ingresso, non dicono “Buongiorno”, vedono un tavolo, si siedono e aspettano che succeda qualcosa. A volte tu, molto cortesemente, li saluti per primo guardandoli negli occhi, loro fissano il vuoto e non proferiscono parola.
Saranno muti?
Sordi?
Allucinati?
Ah no, sono solo maleducati.
Lo intuisci dal fatto che, una volta seduti, improvvisamente perdono interesse per il vuoto e muovono spasmodicamente lo sguardo in cerca di un cameriere che si precipiti a prendere nota dell’ordinazione. Magari hanno pure fretta. Magari sollevano pure il dito e urlano:
“Scusi SIGNORA posso ordinare?”
“Prego SIGNORA.”
“Un bicchiere d’acqua.”
“Naturale o frizzante?”
“Minerale.”
La pazienza.
Altrettanta pazienza occorre con un’altra ampia fascia clientelare, rappresentata da
Quelli che gesticolano
Tali esemplari si dilettano a mettere alla prova il tuo intuito e le tue capacità extra sensoriali. Mi spiego meglio: avete presente quel gioco dove si mima il titolo di un film e bisogna indovinarlo?
Ecco, allo stesso modo, sovente capita che dal tavolo il/la cliente faccia finta di pizzicare l’aria con le dita e sorseggiare qualcosa, tutto questo ovviamente fissandoti negli occhi.
Cosa vorrà mai ordinare, secondo voi?
Forse un palloncino pieno di acqua MINERALE?
Guardi a tua volta interdetta il cliente che, quasi spazientito, persevera nel suo mimo. Dato che tardi ad indovinare, il magnanimo decide di concederti un aiutino, e dai gesti passa al labiale. Che cioè, vorrei dire, a meno che tu non sia un agente della Cia stile Tom Cruise in Mission Impossible, che sarebbe riuscito a leggere anche le labbra di uno che parlava tibetano, non è che ti aiuti molto.
Il rebus si infittisce. Continui ad arrovellarti per dieci secondi finché non riacquisti il lume della ragione, ti avvicini al mimo/cliente e dici:
“Mi hanno buttato fuori dai servizi segreti proprio in virtù della mia scarsa capacità di leggere il labiale. Potrebbe gentilmente spiegarmi ORALMENTE in che modo posso esserle utile? Anche perché non ricordo di essere sorda.”
Naaaa, nei tuoi sogni.
Nella cruda realtà chiedi umilmente:
“Prego, mi dica.”
“Gradirei un caffè.”
“Certo, lo preparo subito.”
Ma se avesse voluto un caffè shakerato come cacchio lo avrebbe mimato?
Quelli che pongono assurdi quesiti.
Esempio calzante: bar/ristorante strapieno di gente, camerieri che vanno e vengono, luci accese. Entra un cliente, ti guarda e chiede:
“E’ aperto?”
o anche
“Sei aperta?”
Tu visualizzi la tua immagine di nero vestita, con tanto di grembiule, i tavoli pieni di persone che bevono aperitivi, la musica in sottofondo e rispondi:
“No, ero stufa del divano di casa mia, ho infilato un grembiule per essere più fashion, ho chiamato un po’ di amici e ho deciso di servire spritz gratis a tutti. Giusto perché mi stavo annoiando. Però sono CHIUSA. Se ne vada.”
Ovviamente ti mordi la lingua e replichi soavemente:
“Si, sono aperta…cioè, è aperto, prego si accomodi.”
Va beh.
Quelli che non sanno prenotare
“Ristorante Vattelapesca buongiorno, prego.”
“Salve, vorrei prenotare un tavolo per pranzo.”
“Si, per quanti?”
“Beh, per diverse persone.”
“Ah. Ok, ma quante?”
“Diverse.”
“Signora, può essere più precisa?”
“Non saprei, dovrei chiedere.”
“Chieda pure.”
Rumori di sottofondo.
“Dovremmo essere in…amore, ma hai chiamato anche…no, perché voleva venire anche…ma sicuro? Quindi quanti siamo? Ma nonna viene o no? E quanti passeggini?”
Il cameriere nel frattempo suda freddo pensando alla nonna e ai passeggini. Seguono altri rumori di sottofondo.
“Pronto?”
“Si, signora, mi dica”
“Saremmo in 15 ma potremmo arrivare a 19. Più tre passeggini.”
Il cameriere pensa “Porcatroia” e prende nota senza fiatare.
Comunque, se la matematica non è un’opinione, quando si cerca di riservare un tavolo in genere è meglio specificare quanti saranno esattamente i commensali. Così, anche per essere sicuri di riuscire a sedersi tutti insieme, sapete com’è.
Diffondete questa verità, rendetela pubblica, #sapevatelo.
Diffondete anche il teorema del cappuccino, e prima di salutarci ricordate anche che:
- si scrive crema chantilly, si pronuncia sciantillì e non scintillì.
- non si può ordinare un brasato al sangue
- si dice caffè al GINSENG. Non GINGER, non GING, non GIGNE. GINSENG
- tra un tavolo libero e un altro ancora da sparecchiare è meglio scegliere di accomodarsi in quello già libero
Non è poi tanto difficile.
Buon Ferragosto!
E’ pur vero che molti non sanno fare un cappuccino….ad esempio riscaldano sempre lo stesso latte nello stesso bricco cosicchè se il cliente arriva verso la metà del bricco il latte e’ bello annacquato e il cappuccino fa schifio. C’e’ chi, quando ordini un cappuccino,non si sa perche’ prendono il caffè da una tazza che sta li da chissà quanto tempo,lo travasano e ole’ il cappuccino e’ pronto in meno di due secondi e fa schifio (io sono un rompi perchè li controllo a dovere e se capita a me gli dico adesso me lo rifai davanti a me! ) tutto per risparmiare. C’e’ chi si dimentica di buttare il caffe’ gia’ usato e lo rifà con il residuo il cappuccino,risultato e’ schifio. C’e’ chi fa i cappuccini di corsa,che avrà mai da correre,il rischio e’ che fai un caffè con poco caffè e il cappuccino sa di latte.C’e’ chi usa un buon caffè e il latte non e’ un granchè,c’e’ chi usa un buon latte e il caffè non e’ un granchè. Difficile,ma c’e’,trovare la combinazione giusta.
Bye! 🙂
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Sono d’ accordo, infatti sarebbe interessante anche un post sulle tribolazioni dei consumatori di cappuccino, caffè &simili.
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👍👍
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Io sono una pessima cliente di bar perché non ci vado praticamente mai, non bevo caffè e non amo le colazioni fuori casa… Però sono un’assidua frequentatrice di pizzerie 🍕
Comunque ahimè qualsiasi attività si faccia al pubblico di trovano persone ben strane! Anche a me quando faccio i mercatini c’è sempre qualcuno che chiede se la merce è in vendita.
E anche lì bisognerebbe rispondere che sisì, ho montato alle sei di mattina, sono al freddo (o al caldo) in piedi da ore ma no, non vendo. Per principio.
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Strane è un eufemismo..e pensa a quando chiudiamo il bar, ci sono tutte le sedie accatastate sopra i tavoli, le luci spente, il cartello CLOSED e mi chiedono se sono aperta.
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