Week-end a Barcellona: come evitare di mangiare paella scadente e altre dritte approssimative

Tre anni fa, più precisamente nel novembre del 2014, io e le mie tre amiche più care, Erika, Antonella e Stefania, siamo partite per il nostro primo viaggio insieme, destinazione: Barcellona.
Si è trattato di un classico week-end mordi-e-fuggi, un modo diverso per festeggiare il compleanno di Erika e per svagarci, un po’ alla Sexh&the City, dai. Con la piccola differenza che Carrie & company andavano a Dubai, io & company a Barcellona, e di sicuro senza delle Manolo Blahnik ai piedi.

Va beh, dettagli.

In realtà siamo partite in modalità invernale: qui in Sardegna, dove abitiamo, a fine novembre si gira ancora con i sandali e la giacca primaverile; anche la Spagna ha un clima simile, si sa, ma noi, astute calcolatrici, abbiamo optato per:

1. giaccone invernale consigliatissimo per amena gita in Islanda/Lapponia

2. stivaloni da battaglia, adatti a guadare fiumi in piena

3. maxi bag più pratica tracollina strapiena di monete, pesante come un tronco di quercia

Infatti eravamo terrorizzate dall’idea di essere scippate (si sa, nelle grandi metropoli è una cosa che purtroppo succede spesso), per cui i soldi li tenevamo gelosamente custoditi in un utile ma non proprio fashion marsupio attaccato (probabilmente se avessimo potuto ce lo saremmo cucite addosso) al nostro giro vita.

Della serie: sono-una-turista-e-si-vede. Parecchio.

Comunque.

Un viaggio tra amiche non è un vero viaggio tra amiche se non capita qualche piccolo intoppo. Tipo che siamo arrivate all’aeroporto di Girona, da lì abbiamo preso il pullman per Barcellona; nel frattempo è saltato fuori che la prenotazione del nostro albergo non risultava da nessuna parte.

Cioè, panico.

Il percorso in autobus è durato più di un’ora, 60 minuti di leggerezza che Antonella ha trascorso ininterrottamente al telefono tentando di risolvere la situazione, inframezzando italiano a spagnolo e dialetto sardo (quest’ultimo in sostituzione delle parolacce); specifichiamo poi che l’ora era tarda, tipo le 23.30, e trovare un altro hotel in quattro e quattr’otto a Barcellona in piena notte non sarebbe stata, come dire, una passeggiata.

Mentre Erika e Stefania, sedute poco più avanti, si facevano selfie a manetta, io e Antonella sudavamo come pazze (e l’abbigliamento da neve non aiutava di certo), cercando di capire se avremmo dovuto dormire sotto un ponte oppure no.

Oppure no, per fortuna.

Alla fine, il problema in un modo o nell’altro è stato risolto. Arrivate in albergo, ci siamo rinfrescate velocemente e siamo subito corse a rifocillarci di tapas, che insieme alla paella era una delle specialità gastronomiche che ci eravamo ripromesse di assaggiare già mesi e mesi prima della partenza. Va precisato che io e le mie amiche lo facciamo sempre: prima programmiamo il cibo, poi l’itinerario.

Le scale di valori vanno rispettate come si deve.

Mi ricordo che, non sapendo bene dove andare, avevamo fermato una signora per strada e lei, gentilissima, ci aveva accompagnate in un locale tipico, uno di quei classici posti che dall’esterno sembra una bettola e in realtà un po’ lo è, ma ci si mangia benissimo, come in tutte le bettole (secondo me). Le tapas infatti erano buonissime, ma avevamo rischiato la diatriba italiano-spagnola con un signore anzianotto per aver recuperato furtivamente uno sgabello che a nostro parere giaceva inutilizzato. In queste situazioni io in genere mi fingo muta o esibisco il mio sorriso-da-ebete, e funziona sempre.

Il giorno dopo è cominciato il tour. Dopo una colazione decisamente non-morigerata (la storia che quando si è in vacanza si mangia il triplo, beh, è vera) ed economicissima, dato che una brioche costava appena 60 centesimi, siamo saltate a
bordo del bus turistico, che faceva il giro della città fermandosi nei classici posti da visitare. A proposito, lo consiglio: il biglietto costava una trentina di euro e si poteva scendere alla fermata che si preferiva senza limiti di tempo, poiché i bus ripassavano a distanza di circa dieci minuti l’uno dall’altro.

Prima fermata: Parc Guell, ovvio.

Ci siamo spaventate un attimo al vedere la ripidissima salita che avremmo dovuto affrontare per raggiungere il parco ma Keep Calm and cammina cammina prima o poi arriveremo. Non vi dico il caldo. C’erano forse 18 gradi e noi stavamo facendo la sauna, mentre tutto intorno passeggiavano allegramente individui in maniche corte e senza zavorre, borse giganti e pesantissimi marsupi al seguito.

Che dire del parco che non sia già stato detto? Meraviglioso, coloratissimo, arioso e strapieno di turisti. Fare una foto accanto alla salamandra ha richiesto una fila non indifferente, e riuscire a scattarla senza gente che passava in mezzo ancora più difficile.

Park Guell, Salamandra

Va beh, questa foto fa pena, infatti l’avevo scattata io. Abbiate pazienza.

Seconda tappa: Ramblas e caccia al ristorante nel quale avremmo assaggiato la nostra prima paella. Da perfette turiste, veniamo attirate da una sedicente cameriera che ci invita ad accomodarci e mi fa i complimenti per le scarpe; io vado in brodo di giuggiole anche se mi dicono che ho delle belle narici, quindi figuriamoci. Per la cronaca, le suddette scarpe facevano letteralmente cagare: anfibi neri extra-lucidi da finta punkabbestia. Già solo per quello ci saremmo dovute fare due domande. Non mi ricordo nemmeno come cacchio sono riuscita ad acquistare una roba del genere. Comunque, da autentiche polle accettiamo l’invito della ragazza ed entriamo.

Mai l’avessimo fatto. La paella più disgustosa di tutta la Spagna credo la servano in quel posto, del quale non ricordo il nome, ma pazienza. Uscite da lì, oltretutto dopo aver pagato un conto abbastanza salato, abbiamo passeggiato lungo le affollatissime Ramblas e ci siamo rifatte lo stomaco acquistando un bicchiere di frutta in una delle tante bancarelle…personalmente sono contraria al mangiare cibo sano durante i viaggi ma quel mango mi e ci era sembrato delizioso.

Chiaramente non ci siamo negate una capatina all’Hard Rock Café, di cui Erika colleziona le magliette, e una da H&M, che in Sardegna non esiste (non ancora, almeno). La serata si è conclusa in Plaza Catalunya, dove abbiamo assistito allo spettacolo della gigantesca fontana che zampilla acqua a più non posso.

Il giorno dopo saremmo dovute ripartire, quindi ci siamo alzate di buon’ora per visitare il Quartiere Gotico (il Barrio). Abbiamo girato e girato in preda all’estasi e poi ci siamo fermate per pranzo in una specie di buco strettissimo e arredato come una vecchia scuola elementare. Qui ci è stato servito un panino imbottito col tipico prosciutto spagnolo, lo Jamòn, una roba talmente buona che a un certo punto, mentre lo mangiavo, mi sono mezzo commossa.

Barcellona3

Lo so, lo so, vi aspettavate la foto del panino ma desolata, raramente fotografo il cibo prima di mangiarlo: o mi dimentico o non faccio in tempo.

Dopo un ultimo capatina alle Ramblas, lungo le quali abbiamo incontrato praticamente tutti quelli che erano sull’aereo insieme a noi al momento della partenza, siamo ripartite per l’aeroporto di Girona e quindi di nuovo verso la nostra bella isola.

Qualche riflessione moraleggiante su questo viaggio?
1. Intanto, occhio alle temperature. Se il meteo ti avverte che nella città in cui stai per arrivare ci sarà una minima di 15 gradi, lascia l’abbigliamento sciistico a casa e vestiti più leggera.
2. Ok, attenzione alla borsa e agli scippatori, ma senza esagerare…tipo cucirsi addosso una cassaforte anche no.
3. Non farsi abbindolare dalle cameriere che ti fanno i complimenti per le scarpe con l’unico scopo di ingozzarti di paella scadente.

E se siete in cerca di dritte meno approssimative su come e cosa visitare a Barcellona, vi segnalo il blog della mia collega e conterranea DeniseLeomamma. …anche perché lei abita da anni in questa città e di certo sa dove mangiare una paella decente senza farsi abbindolare da camerieri con un pessimo gusto per le scarpe.

Adios!

P.s. Adios è una delle poche parole che conosco dello spagnolo, insieme a Hola, Vale e Café con leche…e anche mucho gusto perché da piccola leggevo Tex. Più qualche parolaccia, conseguenza della visione di Narcos…quindi in sostanza, se domani mi trasferissi in Spagna, potrei tranquillamente salutare, drogarmi di caffeina e insultare la gente. Le basi per sopravvivere ci sono.

Quest’ultimo P.S. era abbastanza inutile, vero?

3 pensieri su “Week-end a Barcellona: come evitare di mangiare paella scadente e altre dritte approssimative

  1. Mi trovo d’accordo con te sul fatto che in vacanza non si può mangiare sano, tant’è che a Valencia ho fatto colazione ogni mattina con una specie di focaccia di pasta sfoglia unta ripiena di tonno e peperoni.

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