Ercole e Deianira: la storia d’amore più rovente (in tutti i sensi) della mitologia greca

Quando si parla di gelosia è praticamente impossibile non pensare a Otello, protagonista di una delle tragedie shakespeariane più tragedierrime in assoluto. Curiosando qua e là ho scoperto tuttavia che anche il mito greco è ricchissimo di leggende (tra l’altro abbastanza truculente) in cui vittime della gelosia sono esponenti del gentil sesso. Ebbene oggi per voi ho selzionato una storia di quelle splatter che ci gasano tanto: protagonisti Ercole (altrimenti noto come Eracle o Hercules da chi seguiva la muscolosa serie tv) e la sventurata Deianira.

Prima però due paroline sull’infanzia del nostro fustacchione. C’era una volta una donna bellissima di nome Alcmena, sposata con un certo Anfitrione. Il padre degli dei, Zeus, che, lo sappiamo, era un gran porco, si invaghisce della giovane e sfrutta le sue arti divine per prendere le sembianze del di lei marito e sollazzarsi tutta la notte. Da questa unione abusiva nasce un bambino cazzutissimo, Ercole, che invece di gattonare e frignare per le coliche si diverte a strangolare serpenti a mani nude e a domare cavalli. Date queste premesse, il patrigno decide di calcare la mano e iscriverlo a corsi intensivi di pugilato, tiro con l’arco, crossfit e lancio col paracadute senza paracadute, con conseguente spaccatura della crosta terrestre e tsunami vari ed eventuali quando il ragazzo si schiantava a terra.

A un certo punto la famiglia, temendo che questo marcantonio diventi il classico maschione palestrato tutto muscoli e niente cervello, stabilisce di farlo addestrare anche in discipline più soft…tipo la musica. Così assumono un certo Lino, maestro di lira. Peccato che Ercole sia una sega nel maneggiare il nobile strumento, e soprattutto è talmente robusto e al contempo goffo che a un certo punto lo rompe. Il maestro, dimenticandosi chi ha davanti, si infuria moltissimo, e il nostro eroe per tutta risposta gli fracassa la lira in testa, uccidendolo sul colpo.

Oooops.

Dopo questa adolescenza spericolata, Ercole ne passa di tutti i colori. Ammazza banditi e criminali tipo Zorro, partecipa a spedizioni avventurose per mare e per terra, affronta le celebri “dodici fatiche”, diventa schiavo di una regina e insomma, di sicuro non si annoia. Finalmente poi arriva il colpo di fulmine: l’eroe giunge nella città di Calidone per portare un messaggio alla figlia del re, la bellissima Deianira. Ovviamente è subito amore, ma la giovane è contesa anche da Acheloo, una specie di dio dei fiumi. Tra i due comincia una lotta serrata per aggiudicarsi la donna: Acheloo fa il figo e si serve dei suoi divini poteri per dar vita ad uno spettacolo di illusionismo, assumendo le sembianze prima di un serpente, poi di un toro. Ercole, che aveva stritolato serpenti a sette mesi e sconfitto centauri e mostri di ogni genere, sbadiglia e chiede all’avversario:

“Tutto qui? Dai, veloce che sta per cominciare la nuova puntata di wrestling.”

Acheloo, capendo di non avere scampo, si arrende e batte in ritirata, facendosela pure un po’ addosso. Deianira, che va matta per i palestrati, è contenta del risultato, e sposa Ercole di buon grado. I due da Calidone partono per la Tessaglia. Durante il viaggio si ritrovano a dover guadare un fiume, sorvegliato da un centauro di nome Nesso. Quest’ultimo, in apparenza gentilissimo, si offre di trasportare la coppia sul suo dorso ma Ercole, il solito sborone, rifiuta dicendo che come nuotatore potrebbe tranquillamente fare il culo a Rosolino, e che al massimo se proprio ci tiene può aiutare Deianira.

Eh, mai fidarsi dei centauri. Nesso infatti, invece di portare la donna dall’altro lato del torrente, tenta di rapirla. Ercole reagisce prontamente, uccidendo la creatura con una freccia avvelenata. Prima di spirare, però, il mostro consiglia a Deianira di inzuppare un vestito nel suo sangue “magico”, e di farlo indossare al forzuto marito quando-e se-si disinnamorerà di lei: l’abito avrà lo stesso effetto di un filtro d’amore.

Eracle

Mah.

I due sposini riprendono il viaggio e giungono a destinazione. Appena il tempo di consumare il matrimonio ed Ercole riparte per affrontare l’ennesimo cattivo. Al suo ritorno, purtroppo per Deianira, non è da solo. Lo accompagnano diversi prigionieri, tra i quali una gnocca spaziale: la splendida Iole, che guarda un po’, oltre all’essere gnocca è anche una ex fiamma del nostro eroe.

A Deianira sale l’ansia.

Eracle.gif

Come se non bastasse arriva lo Iago della situazione, ovvero il servo Lica, che senza troppi giri di parole fa capire chiaramente alla padrona come stanno le cose:

“Poiché, Signora mia diletta, vedo che tu, mortale, hai sentimenti umani (…) io, senza nulla celare, a te dirò la verità. È tutto come costui disse: brama di costei, furiosa, Ercole invase (…) né m’ordinò – giacché devo di lui dire anche il bene – ch’io lo tacessi, e mai non lo negò”.

Tratto da “Le Trachinie”, Sofocle

Della serie: “Cara signora, è tutto vero, ed Ercole non si è nemmeno raccomandato di farmi i cazzi miei e di non dire niente a nessuno.”

Deianira si deprime per mezz’oretta circa, poi nella sua testa si accende la classica lampadina:

“Un vecchio dono serbavo ascoso d’un antico mostro entro un vaso di bronzo (…) è cosa fatta (…) superar con filtri e con incanti questa fanciulla nell’amore d’Ercole, questo intendo farlo.”

Piccolo particolare: la donna non sapeva che la freccia con cui Ercole aveva ucciso il centauro fosse avvelenata, e che di conseguenza lo fosse anche il sangue nel quale aveva inzuppato la veste.

Pertanto Deianira, tramite Lica, fa recapitare la tunica “magica” al marito fedifrago, che la gradisce talmente tanto da indossarla subito; indi si appresta a celebrare i festeggiamenti per la recente fatica superata. Viene acceso un grande fuoco e tutto va bene senonché a un certo punto Ercole smette di pavoneggiarsi per via di un leggero pizzicore, che lentamente ma inesorabilmente si trasforma in bruciante bruciore. L’uomo si accorge che è spacciato, e non la prende tanto bene: nell’agitazione acchiappa la caviglia del povero Lica , colpevole di avergli portato la veste maledetta, lo rivolta come una cotoletta poi lo scaraventa contro uno scoglio spaccandogli la testa. Nel frattempo, invece di formulare un ultimo desiderio o bestemmiare, si prende pure la briga di costruirsi la tomba, accatastando la legna per formare la pira sulla quale sdraiarsi e morire incenerito. Dato che c’è fa pure trecento flessioni e centocinquanta squat, dopodiché (e finalmente) si stende e ordina al figlio di accendere il rogo.

Ercole muore così come era vissuto, coraggioso e incazzato, senza nemmeno una parola d’amore o di maledizione per la sfortunata Deianira che, contemporaneamente, accortasi dell’errore appena commesso, con una spilla si trafigge il cuore. Beh, doveva essere una spilla bella grande.

Termina in questo modo la storia d’amore più rovente (in tutti i sensi) della mitologia greca. Mi congedo con la consueta frase d’effetto:

“In fatto d’amore, non c’è niente di più debole dell’uomo forte. Dalila rimette Sansone al livello degli altri uomini. Ercole non è vinto che da Deianira, l’amore e la gelosia.”
Alphonse Karr

 

 

 

 

 

 

 

 

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