Caracalla: l’imperatore che visse imperando e morì…

Lo scorso pomeriggio, mentre sfogliavo un numero di Focus, ho letto un trafiletto che parlava di Caracalla, un imperatore romano vissuto verso la fine del II secolo dopo Cristo, e del suo infelice matrimonio con una certa Plautilla. Per approfondire ho googlato un po’ qua e là, e ho scoperto dettagli particolarmente approssimativi e degni del mio blog.

Avendo fatto studi classici, ovviamente il nome Caracalla non mi è nuovo, ma  nemmeno quello di Grande Puffo, se è per quello, e difatti ho vaghi ricordi: nei libri veniva descritto come uno degli imperatori più crudeli e sanguinari della storia romana, insieme a Commodo (se avete visto il film “Il gladiatore” sapete di cosa parlo), Nerone, Caligola e insomma, non è che tutti gli altri fossero pezzi di pane ma evidentemente loro quattro erano riusciti a distinguersi.

Caracalla

Il nostro Caracalla fa quindi parte di questa piccola cerchia di allegri psicopatici, e per quanto riguarda la moglie di cui sopra, Plautilla, beh, sposarlo fu senz’altro un pessimo affare.

Cominciamo dall’inizio.

Parenti serpenti

Nell’aprile dell’ormai lontano 188 d.C. nasce a Lione Lucio Settimio Bassano, il cui nome viene più tardi modificato nel pomposo (prendete un bel respiro): Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto…decisamente più regale di Lucio. Caracalla invece è un nomignolo, affibbiatogli per via di un particolare mantello con cappuccio, ispirato alla moda celtica, che Marco Aurelio Severo eccetera eccetera usava indossare.

Il padre è l’allora imperatore romano, tale Settimio Severo, che a dispetto del nome è ricordato come un buon reggente: ciò significa che probabilmente durante il suo regno non si era comportato da squilibrato, nominando cavalli come senatori (vedi Caligola) o accoppando mezzo parentado (vedi Nerone).

Caracalla ha anche un fratellino, Geta, che detesta molto poco cordialmente. Difatti, quando il padre li sceglie entrambi come eredi al trono, lui storce il naso, così come lo storce nel momento in cui viene maritato suo malgrado alla succitata Fulvia Plautilla, figlia di un caro amico di famiglia che l’aveva praticamente impacchettata e regalata insieme a un gruzzolo talmente sostanzioso da poterci comprare mezza Roma.

L’unione tra i novelli sposini non è né felice né infelice…semplicemente non è, non esiste proprio: i due non si vedono mai, non mangiano insieme, non dormono insieme e Caracalla non si azzarda a toccarla nemmeno con un dito, quindi niente bunga-bunga e di conseguenza nemmeno figli. Dopo aver presentato il caso a Forum ed essere andata a C’è Posta per Te, Plautilla si rassegna ad avere un marito fantasma.

Caracalla

Il tutto si risolve infine con un divorzio liberatorio, accompagnato da un simpatico esilio perché questo era l’iter burocratico a Roma: gli imperatori o i figli degli imperatori potevano sfanculare mogli/fidanzate/compagne/trombamiche dall’oggi all’indomani e poi spedirle in Groenlandia, così non rischiavano di ritrovarsele fra i piedi.

Nel 211 Settimio Severo muore, non senza prima aver elargito preziosi consigli ai due futuri sovrani:

  • amatevi l’uno con l’altro
  • date mazzette extra ai soldati

Probabilmente Caracalla, invece di “amatevi”, sente “ammazzatevi”, perché appena il padre spira organizza il delitto perfetto: con una scusa fa convocare il fratello dalla madre, spunta fuori a sorpresa da dietro una tenda, comincia a insultarlo dopodiché, sempre dalla medesima tenda (era piuttosto affollata, ehm, volevo dire che c’era un ASSEMBRAMENTO) si materializzano dei soldati, che uccidono il ragazzo davanti agli occhi esterrefatti della mamma.

Seguono altri efferati omicidi: la povera Plautilla se ne stava buona buona in esilio ma, hai visto mai che arrivi il principe azzurro sul cavallo bianco a salvarla, per sicurezza viene fatta fuori, così come tutti i collaboratori, amici, conoscenti e simpatizzanti di Geta…secondo lo storico Dione Cassio, che comunque non è attendibile al 100% perché Caracalla gli stava parecchio sui cosiddetti, stiamo parlando di circa 20.000 persone uccise.

In merito alla morte del fratello, Caracalla se la cava raccontando al senato di aver agito per legittima difesa: nessuno osa contraddirlo.

Sì, viaggiare

Una volta portata a termine la strage dei fans di Geta, Caracalla decide che è ora di andare a sfoltire la popolazione anche fuori dall’Urbe. Dopo aver allietato con la sua terrorizzante presenza la Gallia, la Germania e la Tracia, giunge in Asia, dove ha l’ambizioso progetto di conquistare nuove terre in perfetto Alessandro-Magno-style. La strategia era sempre la stessa utilizzata in precedenza con l’odiato fratellino: l’imperatore invitava ad un aperi-cena i sovrani del regno di cui voleva impadronirsi; il tempo di bere un cicchetto e poi dalle tende balzavano fuori i soldati e sterminavano tutti.

Le nozze rosse

Attenzione, Trono-di-Spade-spoiler (un po’ vago, ma sempre di spoiler si tratta)!

Non solo nel “Trono di Spade” i matrimoni si trasformavano in bagni di sangue, anzi, probabilmente George Martin si è ispirato a Caracalla quando ha ideato l’episodio cui mi riferisco. All’epoca in Asia esisteva un grande regno, quello dei Parti, contro il quale i Romani si erano scontrati diverse volte, senza mai riuscire a sottometterlo completamente. Il nostro eroe, per aggirare la questione, mette in pratica un diabolico piano: chiede in sposa la figlia dell’allora re partico, Artabano, col pretesto di raggiungere una definitiva pace. Si organizza il matrimonio: i Parti arrivano nella lochescion scelta per l’occasione tutti agghindati e, ovviamente, trattandosi di una festa, disarmati. Appena il tempo di ubriacarsi e assaggiare la torta che, come al solito, da dietro le famose tende ecco fuoriuscire i “parenti” dello sposo, armati fino ai denti e belli sobri, che fanno una carneficina.

Caracalla

In Egitto invece, dopo essere stato perculato dagli abitanti di Alessandria per aver indossato una corazza taroccata e averla spacciata per l’originale appartenuta ad Alessandro Magno, Caracalla prepara un gigantesco party all’aperto, al quale invita praticamente tutta la città. Quando gli ospiti arrivano lui si accomoda sul cocuzzolo di un tempio lì vicino e si gode lo spettacolo mortale, controllando che non sopravviva nessuno.

Un imperatore così, diciamo, permaloso, non poteva avere lunga vita a Roma. Nonostante il forte appoggio da parte dei soldati, che gli erano fedeli perché pagava, e pagava bene, a un certo punto Macrino, uno dei pezzi grossi dell’esercito, stabilisce che c’è poco da stare tranquilli, e che un uomo in grado di ordinare genocidi a giorni alterni forse non è proprio adatto a governare un regno.

Così viene messa in moto la congiura: Macrino circuisce Marziale, un centurione risentito con Caracalla per una mancata promozione, e lo convince ad assassinare l’imperatore, promettendogli in cambio mari e monti. Nel corso di una marcia che avrebbe dovuto concludersi a Carre (nell’odierna Turchia) sua Altezza blocca il convoglio, perché avverte un po’ di movimenti tellurici nell’ultimo tratto dell’apparato digerente…in altre parole, deve cagare.

Una volta appartato, sua Maestà si accuccia ma il magic moment è interrotto dal sopraggiungere di Marziale, che coglie la palla al balzo e lo infilza con un pugnale prima ancora che lui possa dire “Oh, merda”.

Questa è la fine ingloriosa di Caracalla, alias Lucio Settimio Bassano, alias Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto, alias l’imperatore che visse imperando (pure troppo) e morì cagando.

 

 

 

 

2 pensieri su “Caracalla: l’imperatore che visse imperando e morì…

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