Se seguite il mio blog, e in particolare la rubrica “Amori approssimativi”, saprete certo che ho un debole per le love stories funeste, sia quelle immortalate dalla letteratura (vedasi a proposito Romeo e Giulietta o Paolo e Francesca), sia quelle protagoniste di celebri film. Oggi ne ho selezionata una che in quanto a tragicità secondo me le batte tutte e sì, batte anche la vicenda dello sventurato Abelardo che venne s-bananato a causa della relazione con Eloisa (andate a leggere qui per meglio comprendere le ragioni dell’operazione di s-bananamento).
Ottimo, ora che ho creato il mio neologismo giornaliero è giunto il momento di rivelarvi il nome degli sfigati amanti che ho scelto, ovvero Daniele e Vanina, protagonisti di un film del 1972 intitolato “La prima notte di quiete”. Non lasciatevi ingannare dal titolo: di quiete, in questa pellicola, non c’è neanche l’ombra, o almeno, non QUEL genere di quiete…quietatetavi, sto per spoilerare ogni cosa.
N.B.: se siete interessati alla visione del film in questione NON PROSEGUITE NELLA LETTURA, preparate i fazzoletti e cercatelo su Rai Play, vi lascio il link: https://www.raiplay.it/video/2016/09/La-prima-notte-di-quiete-f962b1c2-a47b-4704-bca1-84a5373e0217.html
Bene, iniziamo.
Daniele è un professore di lettere squattrinato sulla quarantina, appena giunto per non si capisce quale motivo in una Rimini grigia, fumosa e deprimente. Lo interpreta un Alain Delon un po’ sbattuto e anemico, che per tutta la durata del film indosserà sempre i medesimi indumenti: un orribile cappotto color cammello che ha conosciuto tempi (e lavaggi) migliori; dolcevita slabbrato, pantaloni consunti e sigaretta incollata alle labbra; l’outfit è completato da un paio di occhiaie violacee, carnagione giallastra che ben si abbina alla tonalità del cappotto e un’espressione a metà tra la noia suprema e il disgusto per l’ intero universo. Dalla descrizione verrebbe voglia di scappare, ma trattandosi di Alain Delon diciamo che fa sempre la sua porchissima figura, anche così, unto, bisunto e con la barbetta da alcolizzato.
Rifiniamo l’allegro quadretto con un’ultima info: l’uomo convive da diversi anni con Monica, ma si tratta di una storia stanca quanto il suo orrendo cappotto, che si trascina così, un po’ per abitudine e un po’ per disperazione.
Di qualcosa però bisogna pur campare e si sa, il cinismo ha un discreto fascino ma non paga le bollette, quindi il nostro eroe trova lavoro in un liceo, dove si distingue subito per lo scarso entusiasmo e l’indifferenza verso chiunque. Il primo giorno in cui entra in aula saluta a stento, si accende una sigaretta, dice chiaramente agli studenti che se vogliono studiare bene, se non vogliono bene ugualmente, dopodiché assegna loro un tema e se ne va in edicola a comprare dei giornali, lasciandoli soli e raccomandando di non fare troppo chiasso. Da insegnante vi dico che già quando mi chiedono il permesso per andare in bagno ho paura di ritrovarli a sradicare termosifoni dal muro, figuriamoci lasciare una classe incustodita mentre vado a fare shopping.
Quando torna, il preside è giustamente infuriato, perché i ragazzi OVVIAMENTE stanno piazzando un casino della madonna. Daniele non si scompone, fa spallucce e si mette a leggere il quotidiano e a fumare come nulla fosse. Dopo un po’ decide che magari è il caso di guadagnarsi lo stipendio, e comincia a girare in mezzo ai banchi per controllare che gli studenti stiano lavorando. Gira e rigira, nota una ragazza che non scrive, è seduta da sola e legge un libro. Si avvicina: si chiama Vanina, è bellissima, parla a monosillabi e ha la stessa espressione mezzo schifata dalla vita che ha lui=colpo di fulmine.
Ottime le premesse, ma ci sono anche alcuni ostacoli da superare: abbiamo già spiegato che Daniele ha una compagna, Monica; Vanina è altrettanto impegnata con Gerardo, un ragazzo ricco e violento con cui mantiene in piedi una relazione infelicissima e distruttiva.
Nonostante ciò, la passione tra i due scoppia quasi immediatamente, e a forza di bronci e conversazioni demoralizzanti sul (non) senso della vita e sulla solitudine reciproca, si ritrovano a pomiciare in macchina come due adolescenti. I bollenti ardori vengono improvvisamente spenti dalla giovane, che attraverso finestrino intravede l’auto del legittimo fidanzato e fugge terrorizzata.
Passa il tempo: quando non lavora, Daniele si abbruttisce in una specie di bisca clandestina dove fuma, si sbronza e gioca d’azzardo senza mai levarsi il cappotto, in modo che diventi ancora più unto. Insieme ai lui ci sono alcuni ragazzotti rampanti dell’alta borghesia di Rimini, perennemente ciucchi e arrapati; tra loro spiccano il suddetto Gerardo e Giorgio, detto “Spider”, cui dà il volto un giovanissimo e sciccosissimo Giancarlo Giannini.
Una notte, dopo un po’ di discoteca, si finisce tutti (compresi Daniele e Vanina) a casa di Gerardo. Qui il ragazzo decide di proiettare delle diapositive: appaiono le immagini della fidanzata felice in quel di Venezia, seguite da altre (in cui è meno felice) che la ritraggono nuda e cruda. La giovane, inferocita e imbarazzata, interrompe la trasmissione e scappa via. Da quel giorno Daniele nota la sua assenza prolungata a scuola e decide di recarsi a casa sua per indagare. Lo “accoglie” la madre, una signora piacente con gelidi occhi azzurri che molto seccamente gli spiega che Vanina è partita e non tornerà, e che deve lasciarla in pace perché per sua figlia è meglio un ragazzo “un po’ manesco” come Gerardo che un pezzente come Daniele…certo, l’abito non fa il monaco ma il cappotto color cammello lurido forse in questo caso non aiuta granché. Daniele reagisce con la sua solita espressione depressa e un semplice “Arrivederci”; la signora rilancia con un poco signorile “Vaffanculo-figlio-di-puttana”, una mezza minaccia di morte e la porta sbattuta con decisione.
Il professore è dispiaciuto ma la sua vita di merda continua, e lui e il suo cappotto peggiorano ulteriormente la situazione di degrado partecipando ai soliti festini a base di sesso, droga&rock’n’roll (ma con molto meno entusiasmo). Una sera, però, uno degli amici gli organizza una sorpresa, facendogli trovare Vanina in macchina e dandogli le chiavi di una casa dove andare ad amoreggiare…siamo circa al novantesimo minuto di film e finalmente in questo totale strazio si accende uno spiraglio di speranza, ma non illudetevi, la tragedia è dietro l’angolo.
I due trascorrono una selvaggia notte d’amore, interrotta al mattino da Gerardo, che in qualche modo è venuto a sapere dell’inciucio. Il ragazzo quasi butta giù la porta a forza di bussare. Alla fine Daniele apre e ha inizio un alterco durante il quale Gerardo piange e supplica Vanina di perdonarlo; lei rifiuta e lui, di rimbalzo, la insulta, dandole simpaticamente della puttana e avvertendo Daniele della sua volubilità. Inevitabilmente parte la rissa: per l’occasione Daniele si leva il cappotto e stropiccia ancora un po’ il povero dolcevita, ma ecco che arriva Spider a separare i duellanti. Tutti si mandano affanculo a vicenda e Daniele e Vanina rimangono soli; si abbracciano tra le lacrime e decidono di fuggire insieme, dove e con quali soldi non si sa ma, si spera, con una buona scorta di antidepressivi per entrambi.
L’uomo, tuttavia, prima di andare vuole sistemare le cose con Monica, e pronuncia la fatidica frase che dovrebbe mettere in allarme qualsiasi amante:
“Tu vai, io ti raggiungo.”
Uhm.
Vanina non è molto d’accordo, ma le sue proteste cadono vanamente davanti al muso lungo del novello fidanzato, che una volta indossato l’adorato cappotto perde quel minimo di colorito acquisito con la precedente zuffa e ritorna al suo aspetto emaciato e impassibile. Pertanto la fanciulla parte, mentre Daniele va a scaricare Monica, e lo fa nel suo solito modo compassato, senza mostrare emozione alcuna. La donna non è altrettanto distaccata, anzi: dopo avergli rinfacciato parecchi tradimenti ed essersi lamentata del fatto che ormai non può mica tornare dall’ex marito col culo per terra (non fa una grinza, eh?), minaccia il suicidio. Daniele continua imperterrito a infilare roba in una valigia mezzo squarciata in più punti e al sentire la parola “suicidio” reagisce osservando che del resto non sarebbe la prima volta che non mantiene le promesse che fa.
Oddio, l’ombra di una battuta al…cosa sarà, il duecentesimo minuto di film?
In realtà il professore è rimasto più colpito di quanto sembri: difatti salta in macchina per raggiungere Vanina, ma continua a fermarsi in ogni cabina telefonica che incontra per chiamare Monica e vedere se risponde al telefono o se si è veramente suicidata. Tanta è la preoccupazione che fa dietrofront e va a suonare il suo campanello, ma Monica col cazzo che apre, un po’ perché è ancora molto arrabbiata, un po’ perché conosce il suo pollo, e sa come spennarlo.
Ormai allarmato, Daniele chiama Spider e gli chiede di accertarsi che Monica sia ancora viva. Nel frattempo risale in macchina, forse per raggiungere Vanina o forse per tornare dall’ex-compagna, chissà…non lo sapremo mai: il disgraziato muore a causa di un brutto scontro con un’altra auto.
Eh, ve l’avevo detto che era pesante.
Ah, quasi dimenticavo la mazzata conclusiva: il titolo del film, “La prima notte di quiete”, prende spunto da un libriccino di poesie scritto in gioventù dallo stesso Daniele, intitolato per l’appunto così. Quando Spider gliene domanda il motivo, il professore risponde con la sua consueta aria abbacchiata che si tratta di versi dedicati ad una sua ex fidanzata ormai deceduta e che “la prima notte di quiete è la morte, perché finalmente si dorme senza sogni”.
Ah, ecco.
Bene! Proporrei una rilettura veloce di tutte le tragedie di Shakespeare per farci quattro risate e risollevarci il morale, o una raccolta delle novelle di Verga, o qualche opera di Nietzsche in lingua originale, insomma, vedete un po’ voi. Personalmente stavo cercando la spinta giusta per iniziare a leggere tutti e sette i volumi di “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust e adesso mi sento abbastanza carica.
Mi congedo con una tristerrima scena del film, resa ancor più malinconica dalla splendida canzone di Ornella Vanoni: “Domani è un altro giorno” (Rossella O’Hara docet):
Mi piacerebbe sapere dove lo hai trovato questo film! Secondo me neanche gli attori si ricordano più di averlo girato 😂
Che poi c’è un super cast: Delon, Giannini, Valli… ma non è garanzia di nulla purtroppo!
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Stavo googlando in cerca di storie d’amore tragiche e avevo trovato un articolo che ne parlava! Pare che Alain Delon si fosse affezionato così tanto al personaggio da indossare anche nella realtà quotidiana il cappotto color cammello!
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Ah beh allora. Menomale che è un bell’uomo.
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Splendida recensione! Dopo anni so finalmente com’è andato a finire, non ero mai arrivato alla fine. Adesso posso iniziare Proust!
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A hahaha l’ho visto in 4 riprese per gestirne la pesantezza!
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Mamma mia trasuda entusiasmo già da queste scene…molto in linea coi film “seri” del periodo devo dire.
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Si, adesso il cinema italiano è molto diverso, un po’meno tragico🤣
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