Oggi sarebbe il caso di inaugurare una nuova rubrica del blog intitolata “Libri Approssimativi” , cioè quelli che secondo il mio modestissimo parere potrebbero sparire all’istante dagli scaffali delle librerie. Nel corso di questo simpatico 2020 ne ho beccati parecchi, ma uno su tutti ha sbaragliato gli avversari e ha vinto il premio di romanzo flop dell’anno, ovvero “La gabbia dorata”. Prima di proseguire nella lettura di questo post sappiate che rivelerò tutto su trama-personaggi-cazzi-e-mazzi della suddetta opera, finale compreso, di conseguenza i coraggiosi che avranno intenzione di sciropparsela nonostante queste disastrose premesse dovranno desistere dall’andare avanti e navigare verso altri siti.
Dicevamo, “La gabbia dorata”: l’autrice è una certa Camilla Lackberg, paperona svedese diventata famosa grazie a una serie di gialli che hanno per protagonisti un ispettore di polizia e una scrittrice. Inutile specificare che hanno riscosso un enorme successo in Svezia e non solo: venti milioni di copie vendute in cinquanta paesi e traduzioni in quaranta e passa lingue.
Oltre a ciò, la Lackberg dirige una società musicale, una compagnia di investimenti, un’azienda di gioielli e nel tempo libero non stramazza sfinita sul divano come noi povere mortali ma si diletta a scrivere testi di canzoni e libri di cucina. Io attualmente (e purtroppo) non sto lavorando e mi stanco anche solo se metto a bollire le patate. Va beh, continuiamo.
“La gabbia dorata”, fa parte di una saga denominata “La storia di Faye”, e cos’ha di speciale codesta Faye? In sostanza trattasi di donna dimessa e sottomessa dal marito fedifrago che improvvisamente ritrova la lucidità e si trasforma nella best vendicatrice del ventunesimo secolo.
La vicenda si sviluppa su due assi temporali: quello attuale che si svolge nel 2019 e quello relativo al 2001, circa vent’anni prima. Nel 2019 Faye è sposata con Jack, ovvero il prototipo dell’uomo bello, ricco, dannato e imbecille. La coppia ha una figlia di circa 6 o 7 anni, Julienne, e vive in un appartamento extra-lusso dotato di tutti i comfort. Il ménage familiare non è dei più felici: Jack tratta Faye come se fosse l’ultima delle sguattere, ergo la sgrida se non pulisce tutto a regola d’arte, la critica per aver messo su peso, evita i rapporti sessuali con la scusa dell’emicrania e la fa sentire una perfetta deficiente, dandole la colpa anche se fuori c’è troppo vento.
Facciamo un salto indietro nel 2001: Faye è migrata, o meglio, SCAPPATA dal paesino natale per raggiungere Stoccolma, laurearsi in economia e sfuggire ad un passato torbido e misterioso…non viene detto esplicitamente cosa è successo per creare un po’ di suspense ma si intuisce che insomma, forse qualcuno è finito sottoterra. La ragazza, che ve lo dico a fare, è una strafiga da copertina, con curve mozzafiato e viso angelico, e non passa certo inosservata.
Una sera esce con un’amica e conosce Jack, aitante bellimbusto logorroico, che la intontisce col suo sguardo magnetico e l’eloquio eloquente. E’ subito amore: Faye perde completamente la brocca, e quando Jack la guarda si dimentica persino l’alfabeto. Il ragazzo in realtà è un bello che non balla, un parassita che vuole fare la vita da nababbo senza muovere un dito; il suo sogno nel cassetto è aprire una società e diventare il Flavio Briatore della Svezia mentre mangia Fonzies sul divano sperando di andare alla toilette e cagare soldi e intelligenza. Faye pensa oh-poverino, ha bisogno di essere spronato, lo amo così tanto che quasi-quasi vado a fare la cameriera e a spaccarmi la schiena per accumulare denaro, mantenerlo e aiutarlo a coronare il suo sogno e a creare il suo bussiness. Detto-fatto e wow, Faye riesce nel suo intento salvifico, poi spiegatemi quanto cacchio guadagnano i camerieri in Svezia per riuscire a raccogliere un capitale e regalarlo al proprio partner per aprire società miliardarie, perché io ho fatto la cameriera per 15 anni e a malapena pagavo le bollette e la pizza una volta al mese.
Vent’anni dopo i due sono sposati, Jack è diventato milionario grazie alle mance di Faye ma lo ha leggermente scordato, Faye nel frattempo si è trasformata in una casalinga disperata che lotta con la bilancia e spera di dimagrire bevendo prosecco e a proposito, sapete se funziona? Magari aggiungendo anche due o tre olive e qualche nocciolina, chiedo per un’amica.
La nostra eroina ha i prosciutti sugli occhi ma si sa, l’amore è cieco, sordo e muto, e lei è pronta a mettersi anche tre etti di mortadella sopra il prosciutto pur di tenersi stretta il marito, al punto che quando lo sorprende a letto con la segretaria super-siliconata è ben decisa a PERDONARLO. Jack ne ha fin sopra le palle della sua irriducibile mogliettina e senza tanti complimenti, mentre si rinfila le mutande, le comunica che vuole divorziare sbattendola fuori di casa senza lasciarle neanche un euro per il caffè.
Faye trova una casa, piange per settimane e persevera nel prendere merda da Jack, chiamandolo in continuazione e chiedendogli di ripensarci. Alla fine, dopo una telefonata nella quale lo stronzo le ricorda che prima di sposarlo ha firmato un atto col quale rinunciava ad un eventuale mantenimento e la esorta a mettersi a lavorare dopo essersi grattata la pancia per anni, Faye decide che V per vendetta non è solo un film.
Qui inizia la parte fantascientifica del romanzo, che potremmo facilmente intitolare “Se vuoi vendicarti di qualcuno prima di tutto trasferisciti in Svezia per diventare miliardaria in tempi record ma prima ancora mi raccomando dimagrisci e rifatti le tette.”
L’ascesa di Faye ha dell’incredibile: la donna semplicemente stampa dei volantini in cui si propone, udite udite, come dog-sitter e dopo tipo tre o quattro mesi amplia l’attività e assume addirittura del personale. Bene ma non benissimo: per vendicarsi di Jack ha bisogno di molti, molti più soldi, e raccogliere merda di cane non paga abbastanza…perché non aprire, che so, un’azienda specializzata in packaging design, ovvero “la confezione/l’imballaggio di un prodotto”. Beh, da dog-sitter a packag-come-si-dice il salto è breve, basta solo ottenere dei cospicui finanziamenti. E che ci vuole? E’ sufficiente selezionare delle donne d’affari multi-milionarie, presentarsi nei loro sfarzosi uffici blaterando banalità sul fatto che gli uomini sono tutti porci e che una crema idratante racchiusa in una scatoletta con su scritto “Revenge”(=Vendetta) verrà venduta più di un’altra in cui c’è scritto “Vitamin C Serum”, per esempio.
Mah. A me la Vitamina C non dispiace.
Passano appena un paio d’anni e Faye è proprietaria di una società con fatturato da un miliardo e mezzo di corone, ha perso dieci chili, si è rifatta le tette perché il mondo degli affari bada all’estetica e beve tè verde senza zucchero per bruciare i grassi.
Nel frattempo Jack si è stufato della sua nuova compagna e, notando con piacere l’ottimo lavoro chirurgico sul seno della ex-moglie, riprende a sbavarle dietro. Faye ci sta perché lo prevede il suo fenomenale piano vendicativo, e contemporaneamente riesce a far uscire allo scoperto determinati segreti riguardanti l’azienda di Jack, segreti che subito vengono sbandierati su tutti i quotidiani nazionali provocando un catastrofico crollo delle azioni. Per completare il tutto Faye manda alla fidanzata in carica di Jack (che è pure incinta) un video in cui tromba con lui. In poche parole lo riduce sul lastrico rimanendo nell’anonimato. Può essere sufficiente? Potrebbe, già, ma ecco che Faye, spulciando tra i file del computer dell’ex coniuge, scopre delle compromettenti foto di Julienne (la loro figlioletta, ricordate?) nuda.
Denunciarlo alla polizia?
Naaaaaaa.
Molto meglio far sparire la figlia e poi disseminarne il DNA nella macchina di Jack, dopo averlo opportunamente drogato et voilà, l’uomo viene accusato dell’omicidio della bambina.
Che fantasia questa Lackberg.
Sveliamo adesso il torbido passato di Faye. Quando era piccola il padre picchiava lei e la madre, e ad appena quindici anni, non si capisce come e soprattutto con quali soldi, fa eclissare la madre mandandola in villeggiatura da qualche parte nel mondo e riesce a incastrare il padre per il suo assassinio. Beh, un genio del crimine, del resto chi non lo è a quindici anni?
Un po’ di pazienza, spariamoci anche l’epilogo: il romanzo (finalmente) termina con l’idilliaca scenetta di Faye spaparanzata su una spiaggia italiana assolata insieme alla mamma, alla figlia e alla sua best friend, senza silicone sulle tette e con dieci chili in più perché ormai è ricca, si è vendicata e non serve più essere pettoruta e magra.
Il nuovo capitolo de “La storia di Faye” è già in commercio, e in effetti sono curiosa di capire cosa mai combinerà la nostra Wonder Woman in salsa svedese, perché dopo essere diventata più ricca di Zuckerberg e aver orchestrato per ben due volte il (finto) delitto perfetto più perfetto che possiate immaginare, beh, rimane ben poco da fare…forse risolvere il problema della pace nel mondo in tre semplici passaggi?
Lascio a voi l’onore (o l’onere) di scoprirlo, per quanto mi riguarda passo, pensavo piuttosto di riprovare a leggere l’Ulisse di Joyce o qualche macigno russo dell’Ottocento, ecco.
E ora prima di andare a mettere l’annuncio come dog-sitter svelatemi il romanzo flop del vostro 2020!
Ho sempre considerato i romanzi della Lakky un bel po’ sopravvalutati, fatti esclusivamente per rimarcare quanto siano più fighe e forti le protagoniste, rispetto agli inutil uomotteri che ruotano loro intorno. Credo che il genere che identifica i suoi lavori (che sia giallo, thriller o quel che è) sia sempre lo stesso: un po’ rosa, un po’ donna in carriera, un po’ vendetta contro i soprusi e la violenza maschile in famiglia, che sono la piaga svedese. In tal senso, se li leggi così, allora tutto assume una diversa dimensione.
Però lo scrivo io, che ho sempre considerato così così i romanzi della nostra.
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Io ho letto solo questo, mi è sembrato una serie infinita di cliché ma se si ispira a una situazione di disagio capisco un pochino di più certe esagerazioni!
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Ho letto alcuni suoi gialli, però venivo da una serie intensa di autori come Maj Sjowall e Per Wahloo, Arnaldur Indriðason, Hakan Nesser e Colin Dexter. Una serie di gialli veramente ben scritti, anche crudi se vogliamo, e leggere i libri di Camilla è stato come ascoltare musica pop, dopo 10 festival jazz\blues\metal di fila! 😀
Vai lì, la ascolti un po’, e dopo vai a prendere un hot dog con patatine.
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🤣🤣🤣Concetto chiarissimo!
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🤣mi farai mori’! Sempre scansata, la cara Camilla, non è il mio genere. E ora me lo confermi . Io ho avuto vari flop questo anno (dopotutto è il 2020), ma quello che più mi ha fatto incazzare è stato Otzpetek: bravissimo regista, pessimo scrittore
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Sai che un pochino me lo aspettavo! Infatti il suo libro l’ho snobbato alla grande!
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ho mandato subito un curriculum in svezia per fare il dog-sitter 😀
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🤣🤣🤣🤣🤣Ottimo
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Che bella trama verosimile e interessante, peccato non averlo comprato! Comunque vedi che la Svezia è la terra del bengodi, a sapere che a fare la dog sitter si guadagnano così tanti soldi la casa compravo lassù. Così magari perdo quei 10 kg che mi appesantiscono
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Si, tra l’altro credo si mangi malissimo per i nostri italianissimi gusti, dimagrire non sarà un problema🤣
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Vedo solo adesso questa simpatica recensione, non è che hai già letto anche il secondo volume? 🙂
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No, non ancora! Tu lo hai letto?
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No, non l’ho letto, semplicemente ho appena letto il primo, e (avendo avuto più o meno le stesse reazioni che ben descrivi tu), mi sono fiondata sui motori di ricerca e ho vagato per vedere se ci fosse qualcuno che la pensava come me, o se ero io l’unica disfattista ingrugnata… e ammetto che la tua recensione mi ha rassicurata, oltre a farmi fare delle sane risate!
Devo dire che altri romanzi precedenti della Sora Camilla non mi erano sembrati malaccio, ovviamente niente grande letteratura, ma qualche trama passabile c’è,
ma in questo l’inverosimiglianza e la stereotipizzazione toccano davvero vette soprannaturali.
Visto che lo spoileraggio è già stato fatto abbondantemente, mi permetto di aggiungere due ulteriori chicche che non hai citato sopra:
a) l’omicidio a sangue freddo del suo primo fidanzato, colpevole solo di aver scoperto qualcosa della sua identità passata, episodio che viene banalmente chiuso, con appena un po’ di dispiacere perché in fondo gli aveva davvero voluto un po’ di bene, ma “purtroppo non poteva fare altro”… e che non viene mai più rievocato in tutta la storia successiva, né come ricordo di rimorso personale, né come eventuale riapertura del caso dubbio.
b) e il fatto che, in un delitto senza cadavere ma fondato solo sull’evidenza di un lago di sangue, a nessuno degli inquirenti venga in mente di disporre un supplemento di indagine per confermare che il sangue fosse proprio della persona scomparsa, e non di qualcun altro. Con tutte le tecniche di analisi che ci sono adesso, un accusato (che sarà pure un uomo di cacca ma comunque sa di non essere stato lui), non avrebbe chiesto ALMENO una perizia sul proprio stesso DNA, per confermare che si trattasse di padre e figlia, e nel caso che non risultasse, nessuno avrebbe chiesto un campione anche alla madre? No, ci si accontenta di un’impronta su uno spazzolino e di una ciocca di capelli di chissà chi…
Io non ci ho mai provato, ma immagino che chi si mette a scrivere un giallo (specialmente se non è più un’esordiente, ma una miliardaria imprenditrice del best-seller) abbia come minimo l’accortezza di farsi consigliare da esperti tecnici di indagini poliziesche o di giurisprudenza. Manco quello?
Ciao, piacere di averti virtualmente conosciuta, e buon divertimento con il pupetto!
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ah, aggiungo un dettaglio: vista la graziosa sequenza metallurgica (o forse alchemica) appena inaugurata, dopo “la gabbia d’oro” e “le ali d’argento”, mi aspetterei come ulteriori sequel: “la faccia di bronzo”, poi “la botte di ferro”, e infine “i piedi di piombo”.
ciao di nuovo!
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