Van Gogh e la sindrome del crocerossino

In questo post mi cimenterò nel trattare un argomento tostissimo: la vita sentimentale e tutti gli amori del celebre pittore Vincent Van Gogh. Se un minimo avete idea di quanto sia stata funesta la sua (breve) esistenza, non vi stupirete certo nell’apprendere che anche in amore, come praticamente in tutto il resto, il povero Vincent accumulava una cantonata dietro l’altra, soffrendo ogni volta come un dannato.

Ma bando alle ciance e partiamo dall’inizio, che già di per sé è alquanto, come dire, DISASTROSO. Il noto pittore infatti nasce a Zundert, in Olanda, nel 1853, ma già due anni prima la madre aveva dato alla luce un altro bambino, morto immediatamente dopo il parto. Quando arriva Vincent i genitori hanno quindi la simpatica idea di chiamarlo nello stesso modo in cui avevano chiamato il bimbo deceduto: Vincent, appunto.

Ma che carini.

Durante l’adolescenza Vincent frequenta la scuola con risultati poco convincenti, tant’è che il padre decide che è meglio mandarlo a lavorare; così, tramite l’intercessione di uno zio, il ragazzo a 15 anni viene assunto in una galleria d’arte, dove in sostanza il suo compito è vendere dipinti e fotografie varie. Inizialmente tutto fila liscio: a Vincent piace il suo impiego e lo svolge con serietà e impegno…ed è proprio a questo punto che il giovane si trova a dover sperimentare la verità delle famose parole di quel poeta Max Pezzali: la regola dell’amico non sbaglia mai.

La fottutissima Friend-zone

Nel 1873 Vincent viene trasferito, insieme all’amato fratello Theo, nella filiale di Londra, e qui i due si stabiliscono nella pensione della signora Loyer, che abitava insieme alla figlia Eugenie.

Eugenie è una fanciulla adorabile: vent’anni, capelli biondi boccolosi, occhi chiari e limpidi, indifesa e ingenua come una bimba. Per Vincent è quasi un colpo di fulmine. Fin dal principio nasce quella che si dice una bella amicizia: a Eugenie piace la compagnia di Vincent, si chiacchiera, si passeggia, si ammirano i tramonti e insomma, è tutto molto platonico finché Vincent non si dichiara, e lo fa con una certa veemenza…al che la ragazza strabuzza gli occhi ed esclama la classica frase che ti relega immediatamente nella fottutissima Friend-zone:

“Mi dispiace, sono fidanzata. Ma se vuoi possiamo rimanere amici.”

Amici? In che senso?”

Una cosa impareremo oggi: Vincent incassava male i rifiuti, anzi malissimo. Con Eugenie infatti mica si arrende al primo “no”. La ama alla follia, lei deve essere sua, fanculo il fidanzato, nella vita dopotutto ci si lascia eccetera eccetera, ma la giovane si infastidisce, tutta questa insistenza è un po’ troppo insistente, e a quel punto interviene la mamma: il focoso spasimante viene sbattuto fuori dalla pensione ed è costretto a tornare dai genitori, in uno stato psicologico che definire pietoso sarebbe riduttivo.

Galeotta fu la cugina

Passa qualche anno e Vincent sta meglio: si è dato alle letture bibliche e un religioso fervore lo infuoca più del solito. Ma Cupido, probabilmente ubriaco, stava di nuovo per scagliare la sua freccia. A casa di Vincent infatti arriva Kate Vos-Stricker, detta Kee, ovvero sua cugina. La ragazza sta attraversando un momentaccio: il marito è appena morto, lasciandola con un bambino di 4 anni, e lei non si dà pace.
Il cuore di Vincent, sensibilissimo nei confronti di chi vedeva particolarmente sofferente, si spalanca di nuovo, pronto ad accogliere un nuovo amore. Applicando il suo solito modus conquistandi l’artista semplicemente svela alla cugina i suoi sentimenti e lei altrettanto semplicemente inorridisce, anche perché ha appena sepolto un marito che amava e solo all’idea di impegnarsi con qualcun altro le viene l’orticaria. Vincent, che come ormai sappiamo era un pessimo incassatore, continua con la sua strategia, ovvero insistere e insistere e insistere fino alla morte. Kee non ne può più di questo ingombrante cugino, al punto che prende i piedi e scappa, tornando ad Amsterdam dai genitori. Si sa, in amore vince chi fugge ma non chi insegue e Vincent, dopo aver provato a scrivere lettere e raccomandate varie supplicando di poterla rivedere, decide improvvisamente di partire per raggiungerla.

Così si presenta davanti alla porta dei genitori di Kee che, imbarazzatissimi, prendono tempo. Ovviamente la ragazza viene messa in allerta e si guarda bene dal farsi vedere. Contemporaneamente i suoi cercano di calmare il ragazzo, di spiegargli che la cugina è ancora innamorata del marito defunto, che non è il caso di ostinarsi nel corteggiamento e che insomma, non gliela darà mai. Van Gogh è talmente agitato che nella foga si ustiona una mano con una lampada a gas cosa che, se possibile, rende la situazione ancora più grottesca.

In breve, anche in quest’occasione il povero Vincent viene gentilmente invitato ad levarsi dai piedi, e in fretta, prima che la cugina perda la pazienza e decida di ustionargli qualcos’altro oltre alla mano.

Io ti salverò

Questa ennesima, cocente delusione viene stoicamente affrontata da Vincent con l’aiutino dell’assenzio, di cui andava matto. Una sera, mentre vaga alla ricerca del peggior bar della zona, nota sul marciapiede una donna magrissima, mezzo sbronza, col volto devastato dal vaiolo e per giunta in stato interessante. Inutile dire che per il nostro artista è un autentico invito a nozze anche perché, ormai lo abbiamo capito, Vincent soffriva un po’ della sindrome del crocerossino, e più una donna era disagiata più lui entrava in modalità-piattola.

La donna in questione si chiama Sien, e Van Gogh, innamorato cotto, si prende a cuore la sua situazione, aiutandola a portare avanti la gravidanza, a disintossicarsi dall’alcol e a smettere di prostituirsi. L’idea di base è convolare a nozze, ma la famiglia dell’artista comprensibilmente non vede di buon occhio questa love story, specialmente dopo che si viene a sapere che Sien, affetta da gonorrea, l’ha contagiata anche a Vincent, con conseguente ricovero in ospedale.

Al termine della degenza il pittore torna dalla sua amata, ma la vita di coppia non è proprio idilliaca: i due infatti sono poveri in canna e riescono a malapena a mangiare, al punto che Sien ricomincia a prostituirsi e a ubriacarsi…è troppo anche per Vincent, il quale a malincuore decide di lasciare la donna. Quest’ultima, tanto per concludere in bellezza una vita di merda, si suicida nel 1904, buttandosi in un fiume.

Vicini di casa

Dopo la straziante esperienza con Sien Vincent fatica a riprendersi e a ritrovare la fiducia nell’amore. A fargli quasi cambiare idea, ma giusto per qualche mese, è Margot, la classica ragazza della porta accanto, in tutti i sensi dato che abitava vicino la casa dei genitori di Van Gogh. All’inizio tra i due nasce una semplice intesa, alimentata da lunghe passeggiate e altrettanto lunghe chiacchierate…poi un giorno Vincent scopre che la giovane ha tentato di avvelenarsi e improvvisamente in lui scatta l’allarme rosso, che suona più o meno così: IO-TI-SALVERO’. Tuttavia, forse perché Sien gli aveva consumato tutte le energie, il suo istinto salvifico si scontra con la famiglia di lei che, piuttosto che far sposare la figlia a quello che ormai è conosciuto come il “pazzo pittore di Nuenen” preferirebbe chiuderla in un convento. Van Gogh, incredibile a dirsi, stavolta non si sbatte più di tanto e lascia la ragazza, alla quale anni dopo farà inviare un quadro di consolazione.

 L’ultima “fidanzata” di cui abbiamo notizia si chiama Agostina Segatori, di origine italiana, proprietaria di un café a Parigi. Qui la donna incontra Vincent e si sa che tra i due nasce una relazione abbastanza travagliata…non che ci fossero dubbi in proposito. Non abbiamo altri dettagli, rimangono però numerose tele nelle quali la Segatori è ritratta, a testimoniare il legame realmente esistito. La storia a un certo punto termina in modo quasi indolore, ed entrambi andranno incontro a una fine miserrima: Van Gogh, si sa, muore (forse) suicida a soli 37 anni ad Auvers-Sur-Oise, in Francia. Qualche decennio dopo anche Agostina, ormai molto malata, sola e poverissima, si spegne nella sua abitazione a Parigi.

Bene, dopo questa botta di vita direi che è ora di salutarsi col solito aforisma di rito:

“Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni.”

Van Gogh dixit.

11 pensieri su “Van Gogh e la sindrome del crocerossino

  1. Povero Vincent, veramente uno sciagurato genio creativo… Penso sempre che mi piacerebbe chiedere a lui ed altri incompresi in vita se avrebbero volentieri barattato un’esistenza “normale” al posto della gloria eterna.

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  2. Ok il Crocerossino, ma in alcune occasioni mi sembra di capire che lui abbia un po’ dato per scontato che certe donne gli dovessero qualcosa quando, in realtà, non era affatto così e si è persino ritrovato ad insistere in più occasioni, persino quando era evidente che l’altra persona non volesse contraccambiare.
    Qui, più che giustificarlo parlando di sindrome del crocerossino, bisognerebbe riconoscergli un comportamento possessivo che in realtà andrebbe semplicemente condannato e non in qualche modo scusato.
    Poi sì, in altre occasioni è stato sicuramente sfigato e disgraziato, ma per quanto riguarda le prime due storie mi sembra che sia lui quello da biasimare in primo luogo.

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  3. Povero Vincent l unico pennello che non ha mai imparato ad usare , e proprio il piu personale ,hahaah ok ca,,,te a parte siamo seri.

    Be diciamo che Vincent piu che del crocerossino aveva la sindrome del Eroe .
    Visto che nessuno lo aiutava decise di aiutare chiunque ,in fondo fu anche pastore e la dice lunga del perche agisse cosi.
    Il disagio procuratogli dalla madre provata che lo sostituiva al figlio morto, e un padre freddo non gli furono molto di aiuto.
    Vincent venne addirittura spedito in collegio ,quando chiedeva piu affetto visto che i suoi gliene davano col conta gocce.
    La prima ad insegnargli disegno e pittura fu sua Madre , e da li inizio tutto.
    Fu poi a parigi dopo l ultima mostra impressionista che il suo stile muto diventando quello che conosciamo noi.
    Be ti sei mai chiesta perche vangog in TUTTI I SUOI QUADRI NON SORRIDE MAI.idem per le foto ?!
    Uno dei motivi e il fatto che non aveva quasi piu denti ,gli erano marciti e gli furono cavati via ,quindi Penso che anche questo costituisse il motivo dei continui rifiuti .
    Nessuno ti bacia se al posto della bocca hai un tubo di carne vuoto ,era come baciare la canna di un tubo per innaffiare. o la canna del gas a tuo gusto .non penso che una tale abilità nel sentire il risucchiarsi la bocca sarebbe apprezzata ,tranne forse se sei una squillo di alto borgo .
    Alla fine lui si INNAMORAVA DAVVERO , ma loro no le sue modelle erano quasi sempre prostitute ,salvo eccezioni ma molte modelle detto volgarmente spesso finivano per diventare le mantenute o le amanti dei loro artisti ,diventando poi mogli compagne. aveva un modo di fare e di vivere tutto suo ,e quando sei cosi non puoi aspettarti che gli altri ti capiscano.
    Si rifugio in un mondo tutto suo dove non soffrire piu, ma nessuna donna SANA DI MENTE AVREBBE MAI ACCETTATO UNA RELAZIONE CON UNA PERSONA COSI .
    A meno che non ne fosse davvero innamorata .e con la bocca ridotta a quel modo le continue crisi che gli lasciavano la lucidità solo per dipingere , erano rare e la si capiva chi era davvero ,una persona tutto sommato sensibile triste e Intelligente .

    PICCOLA NOTA ,Vangog non si taglio l orecchio da solo ,E no sorpresa dalle sue lettere abbiamo scoperto che fu Gauguin stesso a tranciargli per sbaglio nella foga l orecchio destro ,con un coltello, ma vangog non lo denuncio anzi mantenne la bocca chiusa , e queste righe arrivate fino a noi ci fanno capire bene che tipo fosse ,amava Gauguin ma Gauguin era piu interessato alle donne , e 2 teste calde assieme avrebbero finito ovviamente per scontrarsi . erano sbronzi e pieni di Assenzio e poco dopo Gauguin taglio la corda andando a taiti .
    Un altra ipotesi dice che si sia mozzato il lobo quando scopri che il fratello si stava per sposare con 1 donna che lo aveva rifiutato , e che per il dolore si sia mutilato .entrambe sono valide quindi chi sa .

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